I retroscena della
sperimentazione animale raccontati da chi li ha visti in prima
persona.
In Italia sono circa 600
i laboratori autorizzati dal Ministero in cui si pratica la
vivisezione. Sono ovunque, in ogni città. Molti sanno della loro
esistenza ma sono in pochi a sapere cosa accade al loro interno,
perché una delle principali necessità dei vivisettori è di
lavorare nel segreto e nel silenzio. Grazie alla campagna contro
l’allevamento di cani beagle Green Hill, questo muro di silenzio è
stato infranto, ora migliaia di persone sanno ciò che avviene nei
centri di ricerca, hanno sentito le urla di dolore di chi è
rinchiuso in gabbia e hanno visto la sofferenza negli occhi di tutti
quegli animali che vengono torturati in nome di una scienza assurda e
inutile.
A Brescia, sia la facoltà
di Medicina e Chirurgia che l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale
della Lombardia e dell’Emilia Romagna, hanno al loro interno
stabulari in cui sono prigionieri centinaia di esseri viventi.
Abbiamo intervistato un
ex dipendente dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di
Brescia. Per questioni di privacy verranno omessi il nome, il cognome
dell’intervistato e la sua mansione specifica.
1) Per quanti anni ha
lavorato presso l'IZS?
Ho lavorato all’Istituto
per più di vent'anni.
2) Ci saprebbe dire
quanti e quali animali erano rinchiusi negli stabulari dell'Istituto?
Tantissimi. Solo il
nostro reparto analizzava oltre 100 topi la settimana.
Quando lavoravo, ricordo
che c’erano topi, ratti, conigli, cavie, maiali.
3) Le è mai parso che
gli animali fossero consapevoli della loro prigionia e di ciò che
stavano subendo?
Il mio reparto non aveva
a che fare con gli animali vivi, ovvero non eravamo in contatto
diretto con loro. Però capitava spesso di dover andare negli
stabulari per ritirare, ad esempio, dei campioni di sangue. Quando
succedeva, cercavo di evitare di andarci.
A volte capitava che nel
tardo pomeriggio, allevatori o veterinari portassero dei pulcini o
dei maialini di pochi giorni di vita per farli sopprimere e
successivamente farne analizzare la carne come campione di controllo
dell'allevamento. Data l’ora tarda, questi animali venivano messi
vivi in frigorifero per tutta la notte. Non era una prassi
quotidiana, però quando si aveva fretta e le consegne avvenivano nel
tardo pomeriggio, li si metteva direttamente nel frigorifero. Non
aveva alcun senso lasciarli là dentro tutta la notte, farli
soffrire, per poi sopprimerli l’indomani. Non che non ci fossero
recinti o gabbie dove poterli tenere, era solo una questione di
comodità.
4) All’interno dell’IZS
si sperimentano su centinaia di esseri senzienti farmaci, sostanze
chimiche, si praticano interventi chirurgici invasivi come
xenotrapianti, insomma si pratica la vivisezione. Lei crede sia
giusto parlare di benessere animale?
No, assolutamente no.
Ricordo benissimo gli strazianti lamenti dii maiale. Faccio presente
che io lavoravo al quarto piano dell’edificio, non ho visto nulla
coi miei occhi, però ho sentito le urla, le grida ben distinte di un
esemplare adulto provenire dai sotterranei. Forse si trattava di un
intervento a cuore aperto.
Tra i vari test, mi viene
in mentre che alle femmine di topo, veniva dato del cibo mischiato a
feci contaminate. Una volta morte, veniva loro tagliata la pancia per
verificare se le ovaie risultavano infiammate o meno.
5) Ha mai fatto notare a
chi svolgeva gli esperimenti le sue perplessità in merito? Quali
sono state le reazioni?
Fu una delle prime volte
che entrai nello stabulario col mio caporeparto, il quale avrebbe
dovuto anestetizzare un certo numero di topi con l’etere prima di
sopprimerli. Per rendere più veloce e, a suo dire, indolore
quest’azione, prese invece dalla collottola un topo alla volta per
poi premere con una pinza all’altezza della gola. In un attimo il
topo moriva. Mi chiese di proseguire con le eutanasie e mi rifiutai.
6) Parla mai con la sua famiglia o coi suoi amici di ciò che ha visto lavorando all'Istituto Zooprofilattico?
Sì, mi è capitato. Con
sincerità, cerco di evitare di parlare e di pensarci troppo.
Nonostante siano passato del tempo da quando smisi di lavorare
all’IZS, alcune immagini, alcuni ricordi, mi tornano ancora in
mente.
7) Che cosa ha scatenato
in lei il senso di rifiuto per quanto accade nell'IZS? Un evento in
particolare?
Un giorno entrai nello
stabulario. C’erano diversi conigli vivi messi in croce, con le
zampe aperte a testa in giù, sgozzati, urlavano come bambini. Il
sangue scendeva verso il basso, io allora accesi le centrifughe per
non sentire le urla di disperazione di questi animali. Quando li vidi
scappai via. Non ho idea di quanti ne utilizzassero.
8) Cosa si aspetta dalle
persone che leggeranno la sua testimonianza?
Spero possa far
riflettere, anche se purtroppo c’è un’insensibilità di fondo
che è incredibile. Personalmente prendo le distanze da queste
ricerche e da questo sistema perché stiamo andando verso
l’autodistruzione. L’essere umano dovrebbe mettersi in testa che
non vivrà per sempre, la vita eterna è impossibile, quindi tutti
questi accanimenti sono intollerabili.
Nell’ottobre del 2007, il Fronte Liberazione Animale entrò all’interno dell’ IZS di Brescia, documentando le condizioni di detenzione degli animali e liberandone diverse centinaia.
“Dietro alle nostre
spalle abbiamo lasciato un laboratorio vuoto e completamente
devastato: incubatori danneggiati, vernice sulle gabbie, scritte sui
muri, sacchi di mangime rotti, lavandini sigillati e locali allagati.
Fino a quando l'ultimo
macello e l'ultimo laboratorio di vivisezione non saranno rasi al
suolo.”
Testo integrale del
comunicato del Fronte Liberazione Animale con alcune foto della
liberazione
Video della liberazione
Antispecisti Libertari
Brescia